Il crowdsourcing: l’inesauribile creatività della rete.

Sono 33,4 milioni gli italiani che hanno avuto accesso a internet nel 2010. E mentre mezzo paese sembra essere ancora tagliato fuori dalla “new” economy, l’altra parte non si fa sfuggire il potenziale del digitale per il proprio business.

Il crowdsourcing, per esempio, si sta rivelando uno strumento sempre più interessante per le aziende, che nell’ottica di instaurare un dialogo peer to peer con i propri pubblici, hanno raggiunto l’ultima frontiera dell’engagement: coinvolgere il cliente in una maniera così totale, da renderlo parte attiva dei processi di creazione.

La strategia che ha generato Il Mulino che vorrei, per esempio, è stata raccontata al Forum della Comunicazione Digitale da Pepe Moder, Barilla Head of Digital. Un caso di successo che dimostra quanto la gente ricerchi questo contatto sempre più vicino con il brand, quanta voglia abbia di dire la sua ed essere parte attiva di tutta la catena del valore, non solo dell’ultima fase.

Ma mettere la gente al centro, renderla partecipesex desi sarita teenager anche dei processi creativi, non è solo un modo per aumentare il coinvolgimento dei consumatori: significa anche, a ben guardare, crearsi la possibilità di attingere ad una inesauribile fonte di creatività e innovazione. Con il valore aggiunto che chi propone le soluzioni, è anche chi le comprerà.

Webank, per esempio, attinge dalla sua community “La banca che vorrei”, proposte e idee da chi la banca la vive e ne usa i servizi. E 120 sono le idee già sviluppate dal management.

Lanciare una richiesta in rete, una “chiamata” che raccolga il contributo di professionisti e semplici appassionati, è la formula alla base di piattaforme come InnoCentive.com, BootB, Zooppa. Formula che riconosce il talento di quella che più che crowd indefinita, è sempre più community specializzata.

Le tradizionali “gare” con agenzie specializzate quindi si trasferiscono on line, con un numero pressoché illimitato di partecipanti, ottenendo soluzioni e proposte che spesso vengono retribuite con premi in palio, o visibilità, a seconda dei casi.

Una bella sfida anche per le agenzie e i creativi professionisti insomma!

C’è chi comunque storce il naso, sottolineando che la qualità di queste proposte, proprio perché spesso realizzate da non professionisti, non raggiunge livelli elevati, anzi è spesso deludente, ma comunque non si può ignorare la portata rivoluzionaria di un fenomeno del genere, che rovescia i tradizionali rapporti tra brand e consumatori.