Trump mette pressione a Putin, decida entro fine aprile su cessate il fuoco in Ucraina

Anche la pazienza di Donald Trump verso la Russia ha un limite. Il presidente americano avrebbe fissato la fine di aprile come termine ultimo per i negoziati sul cessate il fuoco in Ucraina. Per questo la visita dell’inviato speciale Usa, Steve Witkoff, a San Pietroburgo assume una rilevanza diversa. La chiave di lettura la dà lo stesso presidente americano con un post su Truth. "La Russia deve muoversi. Troppe persone stanno morendo, migliaia a settimana in una guerra terribile e senza senso. Una guerra che non sarebbe mai dovuta accadere e non sarebbe mai accaduta se io fossi stato presidente". Andando oltre la rinnovata critica a quanto prodotto dalla precedente amministrazione di Joe Biden, le parole di Trump servono proprio a sostenere la missione del suo inviato. L'amministrazione americana indicherebbe la fine di aprile come termine per i negoziati sull'Ucraina: entro questa deadline, secondo il sito americano Axios, Washington si aspetta che il Cremlino prenda una decisione sul cessate il fuoco. A consegnare l'ultimatum alla Russia sarebbe proprio Witkoff nell’incontro in corso a San Pietroburgo con Putin.  Ma cosa può accadere se Putin non accettasse? Gli Stati Uniti sarebbero pronti a introdurre nuove sanzioni contro la Russia. La minaccia esplicita servirebbe a sbloccare una situazione di impasse che non può passare inosservata, nonostante l’attenzione nelle ultime settimane si sia concentrata soprattutto sui dazi e la conseguente guerra commerciale. Negli ultimi due mesi, i diplomatici russi e americani si sono incontrati almeno sei volte, di cui due la scorsa settimana, ma nessuno di questi incontri ha prodotto risultati concreti. Il 2 e 3 aprile, il direttore del Fondo russo per gli investimenti diretti, Kirill Dmitriev, è stato in visita a Washington e ieri le delegazioni dei due Paesi hanno parlato per quasi 6 ore a Istanbul di aspetti diplomatici bilaterali.  Cosa aspettarsi dal confronto di oggi? Il portavoce del presidente russo Dmitri Peskov ha anticipato che Putin e Witkoff avrebbero parlato "finché sarà necessario" e che l'incontro sarebbe stata occasione per esprimere all'amministrazione americana le "preoccupazioni" di Mosca sulla "soluzione della questione ucraina". Con queste premesse, sia da parte russa sia da parte americana, è evidente come sia necessario arrivare rapidamente a un confronto diretto tra Putin e Trump. E sembra molto concreta l’ipotesi che possa essere concordata una data e un luogo proprio oggi a San Pietroburgo. "Forse", ha risposto Peskov ai giornalisti che gli chiedevano della possibilità che ne possa realmente discutere in questa occasione. A fare pressioni perché Mosca esca dall’ambiguità di queste settimane, che l’hanno vista contemporaneamente partecipare ai tavoli negoziai e attaccare sul campo con tutte le forze a disposizione, è ovviamente Volodymyr Zelensky, che vuole ristabilire la distanza tra chi ha aggredito, e continua ad aggredire e chi ha resistito, e continua a resistere. "Oggi è esattamente un mese da quando la Russia ha respinto la proposta statunitense di un cessate il fuoco completo e incondizionato, un mese che ha reso completamente chiaro che la Russia è l'unica causa di questa guerra", ha scandito il presidente ucraino. Se è evidente la volontà di Mosca di conquistare più territorio possibile per arrivare a un ipotetico cessate il fuoco con più margine per far pesare la vittoria sul campo, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov non fa nulla per nascondere la strategia: “Il presidente americano Donald "Trump sa che Zelensky odia i russi" e che, per mettere fine alla guerra, il presidente ucraino "dovrà accettare la perdita dei territori" conquistati dalle forze armate russe. Come dire, e ribadire, più territorio conquistiamo meno Ucraina potrà rimanere indipendente da Mosca. (Di Fabio Insenga)