La convinzione o meglio la speranza è che il decreto sui Paesi sicuri, approvato ieri dal Cdm per uscire dall'impasse in cui la sentenza del Tribunale di Roma ha fatto precipitare il Memorandum con l'Albania, "funzionerà: non esiste un piano B, non ce n'è alcun bisogno". Per il governo aver 'esportato' la lista dei Paesi sicuri in una norma primaria, inserendo l'elenco in un decreto ad hoc, è sufficiente a rimettere in carreggiata gli hotspot realizzati a Shengjin e Gjader. Lunedì, nella conferenza stampa post Cdm, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, 'regista' della soluzione, non ha escluso nuovi interventi legislativi semmai ce ne fosse bisogno. "Ma non è il caso di mettere il carro davanti ai buoi - dice all'Adnkronos un autorevole fonte di governo - la misura funzionerà perché è stato messo in chiaro, con una legge dello Stato, a chi spetta decidere quali Paesi sono sicuri e quali non lo sono, il resto sono mere elucubrazioni...". Tuttavia il timore di un remake dello stop dei giudici è palpabile. A Palazzo Chigi e in tutti i ministeri interessati dal dossier. Sulle due ipotesi in campo venerdì scorso per uscire dal pantano - quella adottata in Cdm lunedì e l'altra, scartata, di assegnare per legge a una struttura ad hoc della Farnesina il compito di stilare la lista dei Paesi sicuri - non si torna indietro: "Se il dl Paesi sicuri non dovesse funzionare - ragiona un'altra fonte - sarebbe del tutto inutile creare una struttura ad hoc alla Farnesina, perché è il meccanismo stesso che regola i rimpatri che verrebbe meno, altro che modello Albania...". Intanto, mentre si lima il testo atteso al Quirinale e torna in gioco la possibilità di inserire il ricorso in Corte d'Appello contro le ordinanze del Tribunale di mancata convalida dei fermi, il Viminale torna all'attacco e ricorre in Cassazione contro la sentenza dei giudici di Roma che ha invalidato i trattenimenti in Albania dei 12 migranti trasferiti sabato scorso a Bari. Accantonando così il timore che il ricorso possa tornare ad accendere lo scontro tra poteri di Stato, che lo stesso Mantovano ha tentato di spegnere in conferenza stampa. "Il ricorso era necessario - il ragionamento che rimbalza nel governo- anche per puntellare la scelta fatta dal Cdm ed evitare, da qui in avanti, che le mancate convalide diventino seriali. Il governo tira dritto: il messaggio deve essere chiaro a tutti".