"Già a metà degli anni Settanta gli esponenti della Banda della Magliana avevano dei contatti con la criminalità organizzata, in particolare con la camorra. Ma anche con Cosa nostra. Basti ricordare i rapporti tra il 'cassiere della mafia' Pippo Calò con i romani. Ricordo il calibro criminale di Enrico Nicoletti. Quindi, non mi stupirebbe che il figlio Antonio avrebbe aiutato il boss Matteo Messina Denaro durante la latitanza". A parlare con l'Adnkronos è Leonardo Agueci, ex Procuratore aggiunto di Palermo, tra i primi, a occuparsi, quando era alla Procura di Roma, negli anni Ottanta, della Banda della Magliana. "Ricordo che feci io il primo processo in Corte d'Assise alla Banda della Magliana- racconta - Ci furono purtroppo poche condanne, poi successivamente potemmo contare sull'apporto più consistente dei collaboratori di giustizia e arrivarono risultati diversi. L'impianto accusatorio era molto più solido". Sarebbe passato proprio dalla Capitale il boss Matteo Messina Denaro nel corso della sua latitanza. E ad aiutarlo, favorendo il suo passaggio, sarebbe stato proprio Antonio Nicoletti. Come ha ricostruito la Direzione distrettuale antimafia, nell'ambito dell'operazione Assedio che ha portato all'arresto del figlio di Enrico Nicoletti, storico cassiere della Banda della Magliana. Nicoletti junior avrebbe dato il suo contributo a Messina Denaro durante il suo passaggio a Roma per alcune visite oncologiche. "Quando si hanno degli agganci così ramificati nell'ambito di qualsiasi declinazione del potere - dice ancora l'ex Procuratore oggi in pensione - non è difficile che si possa arrivare a qualcosa del genere. Il padre di Nicoletti si occupava in particolare di reinvestire i capitali di Renato De Pedis, come constatammo all'epoca in procura". Emerge, dunque, un filo rosso tra il boss morto a settembre di un anno fa e la sua latitanza nella Capitale dove si sarebbe recato per alcune visite oncologiche. Antonio Nicoletti sarebbe stato al vertice del gruppo criminale romano che aveva dei rapporti con Cosa nostra, come emerge dall'informativa. In un intercettazione ambientale del 21 luglio 2018 - come annotano gli investigatori del centro operativo della Dia di Roma - Antonio Nicoletti si vanta di aver incontrato sei mesi prima il boss allora latitante in un ospedale romano. Il figlio dell'ex cassiere della banda della Magliana viene intercettato in una conversazione a cui partecipano diverse persone. E' ancora il procuratore in pensione Leonardo Agueci, che ha coordinato numerose inchieste su Cosa nostra, a ricordare che negli anni Ottanta "emerse un sodalizio criminoso con varie ramificazioni che ha controllato il mondo del crimine romano per un decennio, fino agli anni '90". Era per Agueci "una associazione criminale vera, che faceva rapine, omicidi, traffici si stupefacenti e sequestri di persona, come il sequestro Grazioli del 1978. Una associazione che godeva di ramificazioni e contatti importanti con ambienti delle istituzioni, della imprenditoria, della politica e anche della magistratura e dello Stato, parlo dei servizi segreti". In quegli anni il 'cassiere della mafia' Pippo Calò, con la falsa identità di Mario Aglialoro si trasferì a Roma e strinse rapporti proprio con la Banda della Magliana, con le frange eversive dell’estrema destra e con pezzi grossi dell’alta finanza. Secondo la testimonianza di Maurizio Abbatino, uno dei capi storici della Banda, in un primo momento il mafioso si sarebbe occupato del gioco clandestino e poi, col benestare del boss Stefano Bontate, della distribuzione dell’eroina ai gruppi malavitosi di Testaccio, della Magliana e di Ostia-Acilia. Quel filo rosso, a quanto pare, non si è mai spezzato. (di Elvira Terranova)