Ucraina e Russia, da Kursk al Donetsk: perché la guerra non si decide qui

L'Ucraina consolida le proprie posizioni nella regione di Kursk, dopo l'attacco nel territorio della Russia. Le forze di Mosca avanzano nel Donetsk, lungo il fronte orientale. Nessuna delle due azioni, però, da sola sarà decisiva per la guerra che è in corso da oltre 900 giorni. Russia e Ucraina non hanno a disposizione le risorse per condurre una singola operazione che possa rivelarsi determinante nel conflitto e devono puntare su strategie elaborate, basate su 'micro obiettivi' da raggiungere. E' l'analisi dell'Institute for the study of war (Isw), il think tank americano che monitora quotidianamente la guerra praticamente dal primo giorno. Alle carenze offensive dei due schieramenti fa da contraltare la capacità dei due paesi di allestire efficaci difese, anche in profondità. In questo modo, si costringe il nemico ad investire ingenti risorse - in termini di mezzi e di uomini - per attacchi che producono risultati limitati e non infliggono danni decisivi.  Raramente, osserva l'Isw, sono state attuate operazioni in sequenza da parte dei due eserciti. I reparti di Kiev e Mosca hanno sempre trovato ostacoli che hanno costretto a dividere la strategia in diverse fasi: chi si difende, in sostanza, ha il tempo di riorganizzarsi e di puntellare le proprie posizioni in una partita a scacchi senza fine. La Russia ha ripreso saldamente l'iniziativa nel conflitto a partire da novembre dello scorso anno, senza però sferrare una massiccia offensiva generale. Nel Donetsk, la pressione russa si è trasformata in una serie di operazioni che nell'arco di diversi mesi hanno mirato ad allargare le maglie della difesa ucraina lungo la linea del fronte producendo limitati guadagni territoriali.   La strategia di Vladimir Putin ha un obiettivo a lungo termine, con il progressivo logoramento dell'apparato militare di Kiev, sostenuto sinora dagli aiuti occidentali. Secondo l'Isw, però, negli ultimi mesi la Russia si è accontentata di perseguire obiettivi più appariscenti che utili. Le operazioni nel Donetsk hanno mirato all'acquisizione di territori ma non alla conquista di centri nevralgici come Chasiv Yar, da mesi difesa dall'Ucraina. Le forze di Mosca sembrano puntare su Pokrovsk, che secondo gli analisti ha un valore strategico decisamente inferiore. Il think tank americano si sofferma anche sulla reale portata dell'operazione ucraina nella regione di Kursk, nella quale non sono localizzati reali obiettivi di peso specifico rilevante. Kiev non ha interesse a mantenere un controllo sull'oblast per un periodo prolungato, sebbene la carta Kursk potrebbe avere un valore in eventuali negoziati che al momento appaiono lontanissimi.  Il risultato perseguito dalle forze armate ucraine è spingere la Russia a redistribuire uomini e mezzi lungo il fronte. Mosca, evidenzia l'Isw, nella regione di Kursk ha dovuto impiegare riserve che presumibilmente sarebbero state utilizzate per azioni offensive nell'immediato futuro. Lo scenario più plausibile prevede una risposta russa con uno sforzo nettamente superiore a quello profuso sinora. Nonostante ciò, per riconquistare il territorio servirà una "controffensiva prolungata".  Nel Donetsk, i russi sono avanzati di 24 km in 6 mesi a partire da febbraio. Nella regione di Kursk, l'Ucraina controlla circa 1000 km quadrati ma concentra le proprie difese in un'area ristretta e si prepara quindi a resistere all'urto nemico in una zona circoscritta. Un'eventuale riconquista di Kursk non consentirebbe alla Russia di archiviare la questione: la difesa del confine e del proprio territorio è diventata ora una priorità e rende indispensabile una nuova architettura militare che evidentemente non può fare affidamento sui coscritti: i soldati di leva non hanno opposto nessuna resistenza all'avanzata ucraina nelle ultime 2 settimane.