Meglio Trump o Harris per l'Europa? Il dibattito visto da questa parte dell'Atlantico

Novanta minuti che hanno incollato agli schermi decine di milioni di persone. Gli americani, ovviamente, ma anche tanti europei. Il dibattito tv tra Donald Trump e Kamala Harris è un passaggio chiave nella corsa alla Casa Bianca e viene letto da questa parte dell’Atlantico soprattutto attraverso una domanda: cosa cambia per l'Europa se alle elezioni Usa vince lui e cosa cambia se vince lei?  C’è un tema centrale nella corsa alla Casa Bianca che più degli altri riguarda l’Europa: è la postura che gli Stati Uniti assumeranno rispetto alla guerra in Ucraina e alla crisi in Medio Oriente e, più in generale, rispetto agli equilibri tra Occidente e resto del mondo, Russia e Cina in testa. La prospettiva euro atlantica di Biden è comunque destinata a modificarsi. Come e quanto dipenderà dal nuovo presidente degli Stati Uniti.  Le risposte sulla guerra in Ucraina durante il dibattito della scorsa notte indicano due versi contrapposti. Donald Trump è convinto di poter risolvere il conflitto a suo modo, parlando sia con Putin sia con Zelensky. Con una mediazione che inevitabilmente deve concedere spazio alle ambizioni del Cremlino. La replica di Kamala Harris è netta: con Trump alla Casa Bianca Putin sarebbe già a Kiev.  L’altro conflitto, quello tra Israele e Hamas, è un argomento che accentua ancora di più la distanza tra i due candidati alla presidenza. Harris è tornata a chiedere un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi a Gaza, esprimendo vicinanza sia per gli israeliani sia per i palestinesi colpiti dal conflitto. La candidata democratica ha condannato l'attacco del 7 ottobre di Hamas al sud di Israele, ma ha anche affermato che "troppi palestinesi innocenti sono stati uccisi" dall'offensiva militare in corso di Israele a Gaza. Trump, invece, è andato dritto all’attacco. Israele "non esisterà" più entro due anni se Harris venisse eletta presidente. "Odia Israele e odia gli arabi", ha ripetutamente detto della sua avversaria ricordando la sua assenza durante il discorso del premier israeliano Benjamin Netanyahu al Congresso.  Interessante anche il capitolo Cina. Questa volta le provocazioni hanno seguito un flusso inverso. Harris ha accusato Trump di aver venduto gli Stati Uniti alla Cina ''per dare a Pechino la possibilità di rafforzare il suo esercito'' e ha ricordato come durante la pandemia causata dal Coronavirus abbia "persino ringraziato Xi Jinping''. Trump, non proprio in tema, ha replicato definendo Harris ''una marxista che ha distrutto il paese con politiche folli''. Un confronto serrato fino ai due appelli finali. Harris vuole un’America rispettata nel mondo, forte anche della sua influenza militare da far valere anche nei confronti di Russia e Cina. Trump chiude rinfacciando a Harris, e ovviamente al presidente Biden, di aver portato il mondo sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. Ce n’è abbastanza per giustificare l’apprensione con cui in Europa si aspetta il 5 novembre e l'elezione del prossimo presidente americano. In un senso o nell’altro, il Vecchio Continente dovrà prendere le misure con la nuova faccia degli Stati Uniti. (Di Fabio Insenga)