Hillary Clinton oggi sarà sul palco della convention di Chicago per dare a Kamala Harris il sostegno dell'ex candidata alla Casa Bianca che otto anni fa, come oggi la vice presidente, affrontò Donald Trump. Ma Harris ha impostato finora la sua campagna, e quindi anche la convention che si apre oggi, in modo nettamente diverso da quello dell'ex first lady che nel 2016 aveva fatto dell'essere la prima possibile presidente donna d'America uno degli slogan centrali - "I am with her", sono con lei - della sua campagna elettorale, finita con una sconfitta. Forse anche per questo la vice presidente democratica, che è anche la prima donna di origine afroamericana e asiatica in corsa per la Casa Bianca, ha evitato finora di mettere l'accento sulla questione, preferendo insistere sulla sua storia personale e sui suoi successi professionali, in particolare quelli da procuratrice. Questo riflette un suo modo di essere - "ad ogni passo della sua carriera è sempre stata la prima a fare qualcosa, ma sono stati sempre gli altri a dirlo, raramente lei", afferma con il Washington Post Brian Brokaw, manager della campagna di Harris del 2010 da procuratrice della California - ma anche un cambiamento generazionale e del panorama politico e sociale negli ultimi otto anni. "Francamente, dire sono la prima afroamericana, sono la prima questo non porta da nessuna parte, la mette in un angolo, esposta all'accusa di giocare 'la carta della razza', e quindi, in modo molto intelligente, non lo sta facendo", ha detto a Politico Carol Moseley Braun, che è stata la prima afroamericana eletta al Senato e nel 2004 si candidò alle primarie democratiche chiedendo che si togliesse la scritta "solo per uomini" sulla porta della Casa Bianca. Ma da allora, conclude, "i tempi sono cambiati", Harris ha "ereditato un terreno di gioco più equo, la gente è più aperta alle donne candidate".