Diventa definitivo lo ‘sfratto’ dell’Antico Caffè Greco. La Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda contro la sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva già dato ragione all’Ospedale Israelitico, riconoscendogli il diritto a rientrare in possesso dei locali in via dei Condotti, il cui contratto di locazione è scaduto dal 2017. La vicenda è annosa e si protrae da tempo, anche perché si parla di un locale storico su cui c’è il vincolo culturale. Questo significa innanzitutto che non potrà mai essere ‘snaturata’ l’attività, che i beni presenti all’interno devono rimanere e che gli attuali gestori dovranno eventualmente essere ‘indennizzati’ per quelli di loro proprietà. I supremi giudici della Terza sezione civile, nella sentenza depositata lunedì scorso, fissano paletti ben precisi in questo senso. ''La portata del vincolo culturale imposto sui locali dell’Antico Caffè Greco e sulla licenza di esercizio deve essere intesa nel senso che il locatore non potrebbe sottrarre il bene (con gli annessi arredi e cimeli storici, tanto se anch’essi di sua pertinenza, quanto in caso contrario) alla destinazione a suo tempo imposta dall’Autorità amministrativa e mai revocata’’. Per la Cassazione i legittimi proprietari ''non potrebbero – tanto per fare un esempio – immaginare di destinare quei locali per creare una paninoteca o una discoteca o chissà quale altra attività. Il Caffè Greco, in quanto bene immobile carico di oltre due secoli di storia e di vita artistica e culturale della città di Roma, collocato nella centrale Via Condotti, non può che avere quella destinazione – si legge nella sentenza della Cassazione – ma non è giuridicamente prospettabile che simile vincolo si traduca nell’impossibilità, per il locatore, di intimare ad un determinato conduttore la licenza per finita locazione, cioè nell’obbligo di proseguire ad oltranza la locazione con un preciso soggetto’’. Come ha rilevato anche il Procuratore generale nelle sue conclusioni per iscritto, "il vincolo non comporta l’obbligo di esercizio o prosecuzione dell’attività o l’attribuzione di una riserva di attività, ‘ma vale, piuttosto, a precludere, in negativo, ogni uso incompatibile con la conservazione materiale della res’, nonché ‘ad imporre, specularmente, in positivo, la continuità del suo uso attuale’’’. I supremi giudici rigettando il ricorso dell’Antico Caffè Greco sottolineano come ‘’la possibile violazione dei parametri costituzionali invocati sarebbe prospettabile, in astratto, se si accogliesse la tesi della società ricorrente. In tal modo, infatti, si perverrebbe all’inaccettabile conclusione secondo la quale il locatore si vedrebbe costretto, in un caso come quello odierno, a prolungare senza alcun termine la locazione in corso, mentre la locazione è, per sua stessa natura, un contratto destinato ad una conclusione’’. ‘’L’accoglimento della tesi della società ricorrente verrebbe a determinare, in altri termini, una sorta di espropriazione del diritto di proprietà – spiega la Cassazione - in assenza di una deliberazione della P.A. e in mancanza di ogni indennizzo (salvo, ovviamente, il corrispettivo del canone locativo); situazione, questa, incompatibile col quadro costituzionale e del tutto irragionevole da un punto di vista pratico’’. Per la Suprema Corte infine, in questo giudizio ‘’non è in discussione la proprietà degli arredi, del mobilio e dei cimeli storici esistenti all’interno del Caffè Greco (…) che non possono essere rimossi, proprio a causa del vincolo culturale su di essi apposto’’. La Cassazione ha sancito definitivamente il diritto dell’Ospedale Israelitico a rientrare in possesso dell’Antico Caffè Greco – commenta l’avvocato Ugo Limentani, che ha assistito l’ospedale insieme con i colleghi, avvocato Enzo Ottolenghi e professor Alberto Gambino – Ora mi auguro che il locale sia riconsegnato. Nessuno ovviamente si sognerebbe di cambiare l’attività – conclude il legale - sarebbe un delitto se l’Antico Caffè Greco diventasse un’altra cosa, anche perché con la sua storica attività è già in grado di produrre adeguati rendimenti’’.