Un'app per tutto il mondo, un''arma' per Vladimir Putin. E' il doppio ruolo di Telegram, il social che ha un peso speciale per Mosca e che rischia di lasciare un vuoto pesante nello scacchiere russo dopo il fermo del Ceo Pavel Durov, bloccato a Parigi una settimana fa e rilasciato su cauzione senza possibilità di lasciare la Francia. Durov deve rispondere di una serie di capi di accusa, legati all'assenza di moderazione su Telegram e alla creazione di un ambiente favorevole ad attività illecite. L'applicazione, recentemente finita anche nel mirino dell'Ue, è progressivamente diventata uno strumento di rilevanza primaria per la Russia: cruciale non solo per le operazioni militari della Russia nella guerra in Ucraina - inclusa la comunicazione di informazioni di intelligence, il coordinamento degli spostamenti e per i sistemi guida per l'artiglieria - ma anche per operazioni di sabotaggio dell'intelligence di Mosca in Europa. Ad accendere i riflettori sull'importanza dell'app per Mosca è il New York Times. Il quotidiano ricorda la difficoltà iniziale delle forze russe in Ucraina a comunicare senza essere intercettate dai militari di Kiev e l'inadeguatezza delle tecnologie ereditate dall'Urss per le nuove tecniche di guerra, in cui si rende necessario il trasferimento in tempo real di dati e immagini. "Il fermo di Durov in sé non avrebbe provocato una tale risonanza in Russia, non fosse che per una circostanza. Di fatto è il messaggero principale, alternativa alle reti di comunicazione militari classificate", ha spiegato, proprio su Telegram, Andrey Medvedev, corrispondente della Tv di Stato russa e vice presidente del consiglio comunale di Mosca. "Considerando il livello di allarme con cui il governo russo ha reagito al fermo di Pavel Durov in Francia, sembra che la preoccupazione sia significativa", ha commentato una fonte dell'intelligence di un Paese europeo, citata dal quotidiano americano. "In molti scherzano dicendo che l'arresto di Durov è essenzialmente l'arresto del comandante per le comunicazioni delle forze armate russe", come ammette Aleksey Rogozin, consigliere della Duma ed ex dirigente dell'industria militare russa e figlio dell'ex direttore dell'agenzia spaziale russa.