Presentazione
L’advertising genera un immaginario autoreferenziale, ovvero la verità ufficiale che una corporate diffonde sul suo brand. Questa verità è una finzione che fa comodo all’impresa per il raggiungimento dei risultati a breve termine.
Poi abbiamo le storie. Le storie che si raccontano su di un brand sono tante.
Ci sono le storie che narrano i dipendenti, quelle dei fornitori e soprattutto c’è la madre di tutte le storie quella di ciascuno di noi, l’ esperienza dell’io consumatore.
Questa è la vera storia, quella che contribuisce a far emergere un brand.
Una storia che nasce dai fatti, dalle ragioni per cui ciascuno di noi compra un prodotto, lo promuove o lo sconsiglia agli amici.
Dentro a queste storie dobbiamo entrare, condizionando l’immaginario e raccogliendo le più utili per contribuire ad elevare un brand a quello stato “mitico” che apre la strada del grande successo.
Per queste ragioni l’advertising tradizionale non ottiene più grande successo perché oggi il cittadino e il consumatore sono sempre meno soggetti passivi davanti a un televisore o a una radio ma sempre più attori che partecipano ad una narrazione collettiva grazie alla rete, ai social network e alle nuove forme di co-costruzione di senso, tra cui lo storytelling.
Accettata questa premessa si può guardare alla comunicazione d’impresa in un modo ulteriore, non diverso, ma più profondo che si fa carico delle storie di tutti coloro che vivono quel prodotto o servizio, raccontando il brand dal loro punto di vista, come lo sentono, come vorrebbero che fosse nel loro immaginario.
Con questo approccio la narrazione di un brand da advertising persuasivo si trasforma in approfondimento, in ascolto, in uno scambio di contenuti di valore.
Le storie sono questo, un baratto di attenzione fra chi narra e chi ascolta e poi a sua volta inizia a narrare.
Cosi la storia continua.