La massima protezione vaccinale rappresenta un bene pubblico e dovrebbe essere garantita in modo omogeneo a livello nazionale. Questo vale, in particolare, per la vaccinazione pediatrica delle malattie pneumococciche, che ha un impatto significativo sulla riduzione e nell'uso degli antibiotici, e che potrebbe così contribuire in modo significativo alla riduzione dell'antibiotico-resistenza (Abr), una crescente preoccupazione sanitaria. E' infatti lo pneumococco uno dei principali responsabili di malattie batteriche invasive gravi e resistenti agli antibiotici, specie nei bambini e negli anziani. I vaccini coniugati anti-pneumococco, riducendo la colonizzazione nasofaringea e diminuendo la trasmissione, contribuiscono quindi anche a contrastare la resistenza agli antibiotici. Sono questi, in sintesi, i contenuti del documento redatto dall'Ordine dei farmacisti di Roma dal titolo 'Etica e deontologia delle vaccinazioni: focus sullo pneumococco in pediatria'. Uno dei principali agenti patogeni responsabili di malattie gravi e resistenti agli antibiotici - si legge nel documento - è lo pneumococco. In Italia, è la prima causa di malattia batterica invasiva con due picchi (over 65 e bambini tra 0 e 4 anni); inoltre, il batterio, in forma di colonizzazione, è presente nel nasofaringe del 27% dei bambini tra 4 e 9 anni, che risultano pertanto i principali portatori. In Italia, i ceppi resistenti agli antibiotici sono in aumento. Le vaccinazioni, in particolare quelle anti-pneumococciche coniugate (Pcv), svolgono un ruolo fondamentale nel contrastare la diffusione dei ceppi resistenti, soprattutto tra i bambini, che sono i principali portatori del batterio, perché proteggono dall'acquisizione della colonizzazione nasofaringea. Questa protezione è la chiave per ridurre la trasmissione del microorganismo e, quindi, per la protezione indiretta dalla malattia in soggetti non vaccinati. Il soggetto vaccinato, infatti, ha meno probabilità di essere carrier. La vaccinazione antipneumococcica in età pediatrica è pertanto un presidio di sanità pubblica perché impatta sia sulla circolazione di ceppi anche antibiotico-resistenti, sia sullo sviluppo di patologie resistenti agli antibiotici, con risvolti tanto migliori quanto maggiore è il numero di sierotipi presenti nel vaccino. Alla luce di queste evidenze, il documento sottolinea l'importanza di adottare i vaccini a più ampia copertura che protegge contro un maggior numero di sierotipi. In particolare, il Pcv20 si è dimostrato efficace nel prevenire infezioni da ceppi antibiotico-resistenti e nel ridurre le prescrizioni di antibiotici. Studi condotti negli Stati Uniti hanno mostrato che la vaccinazione con Pcv20 potrebbe evitare oltre 256mila infezioni da ceppi resistenti e risparmiare più di 720mila prescrizioni di antibiotici. In Italia, la Campania è stata la prima regione ad adottare il Pcv20 nella popolazione pediatrica, riconoscendo l'urgenza di garantire la massima protezione vaccinale ai neonati. L'uso di vaccini ad ampio spettro, come il Pcv20, è stato inoltre associato a una riduzione del burden di malattie pneumococciche, sia invasive che non invasive, e a un miglioramento delle condizioni economiche e cliniche a lungo termine. Le esperienze positive di cosomministrazione di vaccini, già applicate per altre patologie, indicano che questa pratica può migliorare la copertura vaccinale senza aumentare il carico sugli operatori sanitari. Oltre alla necessità di migliorare i sistemi di sorveglianza e diagnosi per un monitoraggio più accurato delle infezioni, il documento sostiene la necessità più ampia copertura sierotipica per proteggere la popolazione più vulnerabile e contrastare l'aumento delle infezioni resistenti agli antibiotici. Inoltre, dal punto di vista etico, non proteggere i bambini con i vaccini più efficaci contro lo pneumococco, in particolare contro sierotipi letali, è inaccettabile.