“Dal 2020 è stato avviato un programma nazionale di screening per l'infezione da Hcv che è destinato a tre popolazioni target, per le persone nate dal 1969 al 1989, per coloro che accedono ai servizi pubblici per le dipendenze, i Serd, e le persone detenute in carcere. Questo programma, finanziato con 71,5 milioni di euro per il 2020-21 e prolungato per tutto il 2024, è molto importante per la sanità pubblica, in quanto ha permesso di screenare oltre 2 milioni di persone e di identificare circa 13.700 casi di infezione attiva dell'epatite C”. Lo ha detto all’Adnkronos Salute Anna Caraglia, della direzione generale della Prevenzione del ministero della Salute, in occasione dell’incontro "Epatite C: Obiettivo eliminazione, il momento è adesso. Strategie e modelli organizzativi per riscrivere la storia delle epatiti virali", promosso oggi a Roma da Gilead Sciences. "Questo vuol dire che 13.700 persone hanno avuto accesso alla terapia, e quindi all’eliminazione dell'infezione – spiega Caraglia - e delle complicanze dovute alla malattia, oltre che alla interruzione della catena di trasmissione del virus. È un programma importante in quanto si adegua alle indicazioni internazionali per l'eliminazione della malattia entro il 2030, come minaccia per la salute pubblica". "L’incontro di oggi ci dà la possibilità di raccogliere le istanze che vengono dalle Regioni e dalle Province Autonome – spiega Caraglia – enti fondamentali per l'attuazione e l’implementazione di questo programma". "Tuttavia, alcune Regioni non hanno ancora fornito i dati che il ministero della Salute ha richiesto, attraverso il decreto di attuazione dello screening per l'Hcv in Italia, e soprattutto non hanno ancora raggiunto gli obiettivi fissati dagli organismi internazionali, ovvero: evidenziare il sommerso, accedere alle terapie e migliorare la qualità di vita delle persone oltre che l’eliminazione del virus", conclude.