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(Adnkronos) - "Non credo vi sia la possibilità di una intesa a breve termine fino a quando almeno la situazione sul campo sarà così fluida. Attualmente i russi stanno conseguendo gli obiettivi tattici che avevano dichiarato dall’inizio della 'operazione speciale’, così definita da Putin, ovvero il controllo del Donbass, la sovranità sulla Crimea alla quale si è aggiunto questo collegamento territoriale dalla Crimea al Donbass attraverso la città di Mariupol, caduta dopo combattimenti molto forti". Lo ha detto all’Adnkronos il generale Marco Bertolini, già comandante del Coi, a margine del convegno ‘Fermare la guerra. L’Italia protagonista per la pace in Europa’ organizzato a Palazzo Wedekind (piazza Colonna, Roma) dal Centro Studi Eurasia Mediterraneo (Cesem) e dall’Associazione ‘Identità europea’, in collaborazione con Partitalia. La tattica militare russa in tre mesi di guerra in Ucraina "non è cambiata. Già all'inizio dell'operazione quando c'erano delle unità russe che praticamente avevano quasi circondato da nord Kiev, in realtà lo sforzo principale veniva esercitato dalla Crimea verso Mariupol e dal Donbass verso Mariupol. Quindi sostanzialmente lo sforzo principale dei russi è sempre stato nel Donbass". E' quanto ha spiegato all’Adnkronos il generale Marco Bertolini, già comandante del Coi, a margine del convegno ‘Fermare la guerra. L’Italia protagonista per la pace in Europa’ organizzato a Palazzo Wedekind (piazza Colonna, Roma) dal Centro Studi Eurasia Mediterraneo (Cesem) e dall’Associazione ‘Identità europea’, in collaborazione con Partitalia. "Successivamente - ha proseguito il generale Bertolini - i russi si sono ritirati da Kiev e hanno concentrato le forze sul Donbass. Quindi, sostanzialmente, non c'è un cambio di tattica: le operazioni sul campo vanno come erano state pianificate all'inizio. Sicuramente, i russi non hanno ottenuto a Kiev quello che speravano attraverso la pressione militare che, secondo loro, avrebbe convinto gli ucraini a sedersi al tavolo del negoziato. Ma ciò non è accaduto, perché la grande solidarietà che è stata data dalla Nato e conseguentemente dall'Unione europea li ha illusi, secondo me, della possibilità di vincere". "Continua dunque questo sforzo principale nel Donbass da parte della Russia, e fino a quando questa operazione non sarà conclusa credo che non si potrà parlare di negoziato definitivo", ha concluso.
(Adnkronos) - "L’Istituto nazionale tributaristi (Int) aveva già paventato al Governo, lo scorso mese di aprile con una nota, che appalti o istanze inerenti interventi del Pnrr o altre tipologie di contributi, che richiedessero dati contabili potevano far insorgere discriminazioni tra le categorie professionali che svolgono attività di consulenza contabile e fiscale, evidenziando che i tributaristi intermediari fiscali abilitati, come altre figure professionali, possano tenete le scritture contabili ed essere i soggetti naturalmente deputati per poter certificare i dati contabili, di bilancio o delle dichiarazione dei redditi. Pertanto maggior stupore e preoccupazione è sorta tra la dirigenza dell’Int quando, nell’ambito delle istanze per il Fondo impresa femminile nell’ambito del Pnrr 'Inclusione e coesione', si è concretizzata la paventata discriminazione poiché, nella richiesta certificazione dei dati patrimoniali derivanti da bilanci e scritture contabili, si è riservata tale certificazione solo a una categoria professionale, con evidente danno per i tributaristi, e non solo, che non potranno attestare i dati delle loro assistite che vogliano accedere al Fondo per l’impresa femminile". Così il presidente dell’Int, Riccardo Alemanno e la coordinatrice della commissione per le pari opportunità Veronica Rauso, hanno scritto al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, inviando la lettera per conoscenza anche al presidente di Invitalia, Andrea Viero. Si legge nella missiva dell’Int: "Pur apprezzando l'operato del suo ministero nell’ambito del Fondo impresa femminile e auspicandone il rifinanziamento, a sostegno dell'impresa al femminile nel rispetto delle indicazioni del Pnrr ‘Inclusione e coesione’, dobbiamo però registrare con grande preoccupazione che le domande di accesso al fondo contengono una grave discriminazione. Analizzando gli allegati al modello di domanda aggiornato, abbiamo riscontrato un’evidente discriminazione in capo ai professionisti che si occupano di consulenza contabile e redazioni di bilanci e dichiarazioni redditi, ci riferiamo agli allegati L e L bis 'Attestazione commercialista dati economici impresa proponente' che, come suddetto, ha destato grande preoccupazione, poiché demandata in via esclusiva agli iscritti all’albo unico Dcec, escludendo e creando grave danno ai tributaristi qualificati ex lege 4/2013, ma anche ad altre categorie quali consulenti del lavoro e revisori legali". Pertanto, nella certezza che gli allegati sopraindicati riservati a una sola categoria a danno di tutte le altre, siano frutto di un fraintendimento e di un errore valutativo, richiede che “si provveda alla loro modifica inserendo le altre categorie o meglio ancora facendo riferimento al 'Professionista demandato alla tenuta delle scritture contabili del soggetto proponente'". Il presidente Alemanno ha così commentato: "I tributaristi intermediari fiscali abilitati, sono, per i soggetti economici di cui siano depositari delle scritture contabili secondo le vigenti leggi, già autorizzati alla certificazione delle situazioni patrimoniali-contabili di imprese e lavoratori autonomi, necessarie per accedere alle rateizzazioni delle iscrizioni a ruolo dell’Agenzia Entrate Riscossione, come si evince sul modello ministeriale di presentazione della domanda. Perché allora questa discriminazione? Eppure il Pnrr prevede proprio il coinvolgimento di tutte i soggetti economici imprese e lavoratori automi professionali e questi ultimi sono stati coinvolti indipendentemente che siano appartenenti al settore ordinistico o a quello delineato dalla Legge 4/2013. Quindi tutto ciò è ancora più incomprensibile, per questo riteniamo sia frutto di un errore". Dal canto suo, la coordinatrice della commissione pari opportunità Veronica Rauso ha dichiarato: "E’ paradossale che un intervento condiviso e salutato con favore come il Fondo impresa femminile, voluto dal ministero dello Sviluppo economico che è il dicastero di riferimento dei professionisti della legge 4/2013, fondo per l’imprenditoria femminile che dovrebbe aiutare le donne a superare le discriminazioni in ambito lavorativo, contenga discriminazioni tra categorie professionali, causando grave danno a donne e uomini che chiedono solo di poter svolgere la loro professione. Auspico una pronta soluzione a questa situazione inspiegabile", ha concluso.
(Adnkronos) - Dall'inizio della guerra in Ucraina, Greenpeace è scesa in campo, anzi in mare. Una lotta di Davide contro Golia che vede gli attivisti, sulle loro piccole imbarcazioni, andare a intercettare le grandi petroliere russe nei mari di Danimarca, Svezia, Regno Unito, Belgio, Olanda, ma anche in Italia di fronte a Siracusa e Trieste. L'obiettivo delle azioni di protesta è sempre questo: il petrolio russo non deve sbarcare. Azioni di protesta che voglio anche "denunciare l'atteggiamento ipocrita dell'Unione Europea" perché con il petrolio venduto all'Ue, Regno Unito compreso, "la Russia sta guadagnando circa 200 milioni di euro al giorno, secondo i nostri calcoli", dice all'AdnKronos Alessandro Giannì, direttore Campagne di Greenpeace. L'associazione ambientalista monitora e intercetta le petroliere russe con i loro carichi da decine e decine di milioni di euro. Per farlo, ha messo a punto un sistema su twitter, "il Tanker Tracker - spiega Giannì - che si basa su dati pubblici liberamente disponibili anche dal sito Marine Traffic, dati di un sistema di segnalazione di posizionamento delle grandi navi (Automatic Electrification System) che serve per identificare una nave che poi fornisce la sua rotta, insomma è una misura di sicurezza. Ovviamente le navi possono sempre cambiare rotta e destinazione ma il sistema ha funzionato più di una volta". " L'embargo al petrolio russo non è ancora iniziato, ma la situazione è curiosa: c'è stata sì una contrazione dell'import in Europa che si attesta attorno a un milione di tonnellate al giorno, ma nel frattempo in Italia le importazioni sono raddoppiate. Oggi importiamo 450mila tonnellate al giorno, soprattutto a Siracusa dove c'è una raffineria riconducibile alla Lukoil che al momento lavora solo petrolio russo, e a Trieste, da dove parte un oleodotto verso la Germania dove si trovano raffinerie controllate da Gazprom. L'Italia si mostra ancora un porta importante per queste importazioni". "La proposta dell'embargo al petrolio russo, oltre a essere lenta, è soprattutto curiosa perché di fatto dice che dobbiamo andare a cercare questo petrolio da qualche altra parte - spiega il direttore Campagne di Greenpeace - E' come avere un figlio tossicodipendente a cui improvvisamente viene meno il pusher e quello che faccio è andare a cercare un altro pusher invece di disintossicarlo". Invece, secondo Greenpeace, l'Ue potrebbe ridurre la propria dipendenza dal petrolio russo intervenendo sul settore dei trasporti, che per il 70% dipendono dal petrolio russo assorbendo i due terzi del greggio che arriva in Europa. Con soli 5 interventi questa domanda si potrebbe ridurre: vietare i voli a corto raggio, ridurre i limiti di velocità, costi ragionevoli per il trasporto pubblico e più smart working. Solo con queste semplici azioni si potrebbe ridurre la domanda di petrolio del 7%, considerando che il 25% del petrolio che si consuma in Ue viene dalla Russia. Il fatto che l'Ue non ci pensi nemmeno non ci sembra andare nella direzione corretta, oltre al fatto che così diamo il tempo ai russi di trovare altri acquirenti per il proprio petrolio". "Situazione molto grave per gli attivisti in Russia, anche di altre associazioni" "In Russia c'è un ufficio di Greenpeace che, ovviamente, è in grande difficoltà - dice Giannì - Ed è in difficoltà non solo Greenpeace: bisogna rendere merito a tante altre organizzazioni che sin dalla prima settimana dello scoppio del conflitto hanno preso una posizione molto netta contro la guerra. La situazione è molto grave. Noi, anche per motivi di sicurezza, manteniamo al minimo le comunicazione con i nostri colleghi però è chiaro che è una situazione terrificante nella quale non pensavamo davvero di ritrovarci ancora. Il clima di guerra riduce sempre gli spazi di democrazia. In Ucraina non c'è un ufficio di Greenpeace ma operiamo con numerose associazioni sul posto ed è un legame che continuiamo a tenere vivo soprattutto dal versante dei Paesi Est europei. Greenpeace, per quello che può, continua a sostenere l'impegno di chi offre rifugio e assistenza alle troppe persone che fuggono da questo conflitto insensato". di Stefania Marignetti